Il tesoro scoperto per caso: la voce di Giuseppe Di Stefano, il tenore che ha incarnato in un lampo di vita e nella fragranza naturale dello smalto lanima popolare di un nuovo "recitar cantando". Non è stato solo la voce di soavità ammaliante in una pleiade di grandi cantanti e in quel divismo dellOpera tanto avvincente quanto le storiche passioni sportive del tempo. È stato il tenore più amato dal pubblico di tutto il mondo - nella buona e nella cattiva sorte - anche per la straordinaria comunicativa, linnata simpatia, la generosità, lo slancio istintivo e temerario con il quale aveva gettato il cuore (e la voce) oltre lostacolo di un repertorio sempre più vasto ed insidioso. Gli si rimproverava aspramente di aver bruciato nellarco di un decennio le sue qualità assolute di "lirico", di aver consumato troppo presto la sua carriera, come del resto aveva fatto la sua leggendaria partner Maria Callas. Di questo eccentrico cantore della "dolce vita" Gianni Gori ripercorre lavventura umana ed artistica nel segno della Leggerezza. E ne fa un ritratto narrativo che muove proprio dalla leggerezza degli esordi di Pippo e chiude con il ritorno al suo primo-e-ultimo amore, fra loperetta e la grande canzone. Riemergono da queste pagine non solo le purezze vocali della gioventù, ma anche, filtrate dalla cronaca e dalla storia, le emozioni che il tenore dalla "vita spericolata" ha saputo sbalzare nelle interpretazioni e negli affetti dellultima stagione.